Il Presidente del Gruppo Imprese, ing. Iotti, a proposito di criminalità, imprese, concorrenza.

Di recente, per fortuna, anche nel nostro territorio si è alzato il livello di attenzione sugli intrecci tra criminalità organizzata e imprese. Per esempio di venerdì scorso il sequestro di una società con sede a Parma in capo ad un pregiudicato siciliano.

Vi sono stati diversi convegni organizzati sul tema, e di questi giorni uno di CGIL e Libera.

Purtroppo non si è ritenuto di invitare tra i relatori un rappresentante delle imprese, il che appare piuttosto surreale, dato che si sta parlando di infiltrazioni mafiose appunto nelle imprese.

Ora, gli imprenditori, invitati o no a parlare ai convegni, devono spiegare chiaramente alle controparti alcune cose elementari ma essenziali, che qualcuno purtroppo sembra trascurare.

Le imprese che dispongono di capitali mafiosi per riciclarli non sono imprese vere sul mercato, qualunque attività facciano.

Spero tutti siamo d’accordo su questo punto: la cosa è sempre più grave perché l’infiltrazione si è estesa per esempio al settore meccanico, ciò che era inaudito, e può toccare ormai da vicino in particolare tutte le PMI, in quanto di solito, in passato, si parlava “solo” di immobiliare, edilizia, lavori quali il movimento terra, ristorazione, hotellerie, bar e night club.

Nel caso di questa azienda meccanica, vendeva sistematicamente sotto costo, e poteva far credito ai clienti più dei nostri colleghi, per la semplice ragione che invece alle normali banche, che si fanno pagare, ricorreva al cosiddetto shadow banking, cioè ai soldi, nel suo caso, della ndrangheta. E ai prezzi non guardava, perché era solo appunto il prezzo da pagare per rimettere in circolazione soldi puliti che erano sporchi.

Quando c’è stato il doveroso sequestro, si sono levate subito le grida del sindacato, a sostenere, dal loro punto di vista giustamente, che a pagare sono sempre i lavoratori, e che occorreva garantire il posto di lavoro.

Ora, i primi a pagare, invece, sono i concorrenti, perché quando un’azienda può lavorare sotto costo perché il suo scopo prima di fare impresa è di lavare del danaro, il primo effetto è la concorrenza sleale. Che non ultimo intacca i diritti dei lavoratori delle imprese sane.

Magari l’impresa mafiosa intanto assume, e non lo fa con criteri di mercato, che non ne ha bisogno, ma in modo da creare consenso nel suo modo di operare anche tra i suoi stessi lavoratori, cui garantisce lo stipendio senza i rischi di andare a spacciare per le strade. Cioè usa sistemi clientelari, tanto quanto la cattiva politica.

Una volta che un’azienda del genere è sotto sequestro, si spera che gli vengano a mancare i capitali mafiosi, per cui dovrà andare anche lei in banca, ammesso che la facciano entrare. Dovrà anche lei fare i conti coi costi, e non venderà più così facilmente, dato che dovrà farlo a prezzi di mercato. Oltre tutto avrà una parte del personale inefficiente, perché può essere che dentro non ci sia tutta gente qualificata per il lavoro che fa.

Senza riferirmi al caso specifico, un’azienda del genere potrebbe andare in difficoltà, anzi mi spingo a dire che è probabile che declini, fallisca o chiuda. I lavoratori in questo caso, tutti o in parte, staranno a casa. I migliori, quelli non implicati nel meccanismo clientelare, verranno assunti dai concorrenti corretti che guadagneranno quote di mercato.

Per garantire il posto ai lavoratori come avveniva in precedenza, non solo dovremmo stravolgere le regole di un libero mercato (come già si fa con alcuni incredibili sistemi di concordato oggi in essere in Italia, di gente che non paga nessuno ma va avanti), ma dovremmo chiedere a qualcuno di comportarsi come la mafia per gestire l’azienda più o meno come prima.

Un angolo specifico in queste brutte storie lo merita la parte peggiore del mondo cooperativo, che però non si capisce bene se e quanto venga davvero contrastata, quando dà occupazione. Che poi, rispetto alle tariffe orarie stabilite dai contratti nel mondo delle imprese, si tratta di sfruttamento in stile terzo mondiale. Ma c’è da tener presente sempre la benedetta occupazione, sia pure purchessia.

Tutto questo sarebbe bene che entrasse nella testa di tutti i sindacati, e non solo, altrimenti non ci capiamo, e ci viene il sospetto che ci siano valori di fondo non nella giusta gerarchia.

Il Presidente

ing. Giuseppe Iotti

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