Assegnazione agevolata di beni ai soci. La successiva vendita non configura abuso di diritto. Risoluzione agenzia delle entrate del 17/10/2016

Come noto, l’art. 1, commi da 115 a 120 della legge di Legge di Stabilità 2016 n. 208/2015 ha introdotto, per le società indicate, un regime fiscale agevolato per consentire l’assegnazione e la cessione agevolata ai soci di taluni beni immobili e beni mobili iscritti in pubblici registri, non utilizzati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa, nonché per la trasformazione in società semplici delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni.
Più in particolare, il comma 116 prevedeva (l’operazione doveva essere effettuata entro il 30.9.2016) l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura dell’8% (ovvero del 10,5% per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento dell’assegnazione, cessione o trasformazione).
Premesso quanto sopra, si rende noto che lo scorso 17.10.2016 è stata pubblicata sul sito dell’Agenzia delle entrate una interessante risoluzione (Risoluzione n. 93/E) in materia di assegnazione agevolata di beni ai soci.
Nel caso trattato dalle entrate, una società che si occupa di attività di commercio e rimessaggio di roulotte e camper ed intende cessare il business, ha proposto un interpello per sapere se, una volta effettuata l’assegnazione agevolata degli immobili di proprietà (terreno, ufficio e capannone) ai soci ai sensi della Legge n. 208/2015, la successiva vendita di tali beni dai soci a terzi configura ipotesi di abuso di diritto ai sensi dell’art.10-bis, legge n.212/2000, con particolare riferimento alle imposte dirette.
L’art.1, commi 115-120, della Legge n. 208/2015, ha previsto infatti un regime fiscale agevolato temporaneo per l’estromissione di immobili (non strumentali per destinazione) e beni mobili iscritti in pubblici registri dalle imprese ai soci.

L’assegnazione avviene al valore normale del bene e sulla differenza tra tale valore ed il costo fiscalmente riconosciuto si applica, come già in premessa ricordato, un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP avente aliquota dell’8% (ovvero del 10,5% per le società non operative).
Inoltre, le aliquote dell’imposta proporzionale di registro eventualmente applicabili sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa.
Come già chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 26/2016, il regime è applicabile anche in caso di imprese in liquidazione (in cui non è esercitata alcuna attività d’impresa, ma si è in presenza di una mera fase di chiusura dei rapporti di credito/debito verso terzi finalizzata alla cessazione dell’attività), in quanto si verifica la finalità di estromettere quei beni che non sono direttamente utilizzati nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali.
Il Legislatore ha offerto infatti l’opportunità di estromettere dal regime di impresa, a condizioni fiscali favorevoli, quegli immobili per i quali allo stato attuale non si presentano condizioni di impiego mediamente profittevoli, al fine di immetterli nuovamente nel mercato e favorire così la circolazione degli immobili.
La società istante interpello può dunque aderire al regime agevolativo nel momento in cui verrà aperta la fase liquidatoria. L’operazione che intende porre in essere, cioè l’assegnazione dei beni ai soci e la successiva cessione degli stessi, risponde alle intenzioni di incentivazione del mercato auspicata dalla norma e pertanto non si configura l’ipotesi di abuso di diritto, non esistendo alcun indebito vantaggio fiscale.

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