Il Presidente ANCE Buia: “basta battaglie ideologiche. Il settore costruzioni affonda”

INTERVISTA al Sole 24 Ore – 19/09/2018 – di G. Sa. Gabriele Buia. Il presidente dell’Ance rilancia le priorità del settore «Basta battaglie ideologiche Il settore costruzioni affonda»

Non abbiamo più tempo per assistere a battaglie ideologiche di retroguardia mentre il Paese è fermo e il settore delle costruzioni affonda, l’unico che anche nel 1° semestre 2018 perde un altro 2,7% di occupazione». Gabriele Buia, presidente dell’Ance, l’associazione dei costruttori, spiega che la pazienza delle imprese è ormai oltre il limite: lo scarto fra gli annunci e i litigi della politica da una parte e la realtà delle imprese che chiudono dall’altra ormai è insostenibile.

Quali sono le battaglie ideologiche di retroguardia cui si riferisce, presidente Buia? Anzitutto Genova. Come si fa a dire che c’è un grande problema emergenziale e poi stare fermi senza fare nulla per settimane mentre ci sarebbero da rimuovere rapidamente le macerie del Ponte e avviare subito la ricostruzione di quel pezzo della città? Ma sanno che il più grande porto italiano è sull’orlo del collasso? Abbiamo dato eccezionalmente la disponibilità ad accogliere norme emergenziali contro cui pure ci siamo sempre battuti proprio perché capiamo il momento grave e poi si perde tempo così? Abbiamo detto che ci sono grandi imprese capaci che all’estero sono tra le migliori a realizzare ponti come quelli di Genova e ci si attarda con vecchi assetti ideologici?

Ma la sua preoccupazione e il suo allarme vanno oltre il caso di Genova, mi pare. Quali sono le altre dispute ideologiche? C’è una preoccupazione più generale che riguarda il Paese. Io capisco la necessità di riconfermare la nostra indipendenza rispetto all’Europa e condividiamo molte posizioni contro le politiche del rigore che hanno portato al taglio di 6o miliardi di euro di investimenti in dieci anni, lasciando correre la spesa corrente. Ma diciamo pure state attenti perché il peggioramento delle condizioni a cui si finanzia lo Stato sul mercato può fare danni molto gravi al nostro Paese, alle imprese, ai cittadini. Poi ci sono le difficoltà del settore delle costruzioni, ormai oltre il livello di guardia.

Annunci da anni, ma politiche concrete poche. Esatto. Le costruzioni sono un settore nevralgico ma non si fa nulla per rimetterlo in piedi. Il ministro Tria dice che ci sono 150 miliardi disponibili e noi abbiamo contato opere per 27 miliardi che potrebbero ripartire subito. Ma invece cosa si fa? Per l’ennesima volta si rimettono in discussione opere già in corso. Abbiamo detto: riesaminate programmi delle opere programmate, questo è legittimo perché un governo deve poter scegliere le sue priorità, ma mandiamo avanti le opere in corso. Altrimenti rallentiamo ulteriormente e soprattutto facciamo una figuraccia nel mondo come Paese che non ha certezza del diritto e non rispetta gli impegni che prende.

Cosa serve? Anzitutto un forte pacchetto di semplificazioni. Cipe, Corte dei conti, Consiglio superiori dei lavori pubblici: abbiamo procedure che non sono compatibili con un Paese moderno. Vanno eliminati i passaggi successivi all’approvazione del Cipe. Va razionalizzata l’attività di controllo della Corte dei conti. Va alzata la soglia per i pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Che aspettiamo? Se ne parla da anni. Poi dobbiamo superare la paralisi decisionale della Pa e riformare il codice degli appalti. Non ci bastano i numeri sulla ripresa dei bandi di gara, vogliamo vedere gli occupati che aumentano. Molti di quei bandi non arrivano al cantiere e quelli che ci arrivano impiegano tre o quattro anni.

Cosa chiedete sul codice? Il ministro Toninelli ha annunciato un intervento che attendiamo. L’attuazione del codice è a livelli bassissimi. Inoltre si è creata una incertezza che ha spinto molti dirigenti pubblici a non firmare atti per cui rischiano il danno erariale. Chiediamo un decreto ponte e il ritorno a un regolamento generale che dia certezze a imprese e PA.

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