Comunicazione di Giuseppe Iotti, Presidente del Gruppo Imprese, sull’Aumento dell’IVA

19 aprile 2019

AUMENTO DELL’IVA?

Ci mancherebbe altro che un aumento dell’IVA a partire dal 1° gennaio 2020.

Si sono fatti provvedimenti discutibili e discussi come il reddito di cittadinanza, mezzo milione di stipendi, per quanto bassi, col serio rischio che li si prenda per non lavorare, eventualmente per sempre. Coi consumi fatti tramite relativa scheda in regime controllato, cosa non prevista nemmeno da George Orwell nel suo 1984, del resto lui parlava del 1984, non del 2019, che è molto più avanti per certe cose.

Si sono anche moltiplicati i pani e i pesci, infatti sono stati messi in pensione anticipata (rispetto all’età in cui ci andranno gli altri, quelli che ora stanno lavorando, tra cui il sottoscritto) 600.000 persone, nella speranza di assumerne tre volte tanto in sostituzione, per cui in queste ipotesi avremo moltiplicato per circa tre i redditi di questi 600.000 signori quando lavoravano.

Dunque di conseguenza a questi provvedimenti avremmo un aumento dei consumi, e con esso un aumento del PIL: tutti contenti, salvo i gufi. Ce lo auguravamo infatti quasi tutti, per quanto qualcuno un po’ scettico su questi effetti, non della impossibile stampa di Euro (quella purtroppo o per fortuna la fanno a Francoforte), ma almeno della loro distribuzione sul mercato. Ce lo auguravamo, perchè tutti noi imprenditori, oltre ai commercianti, anzi proprio tutti, sappiamo che uno degli aspetti della crisi ormai decennale del nostro Paese è il ristagno (forse un regresso) dei consumi interni.

Però, dopo tante voci di corridoio, oggi si parla seriamente di un prossimo aumento dell’IVA.

Qualcuno nel governo minimizza, dicendo che l’aumento sarà mirato. Mirato come? Verrebbe da rispondere con un fatalista boh? solo che il tema è serio, molto serio, perchè discriminerebbe tra le nostre diverse produzioni: toccherà a me?

Ma perchè un aumento? E’ l’Europa cattiva, ancora una volta, che ci vessa obbligandoci anche a questo balzello?

La risposta, chi di noi si informa, credo quasi tutti, la sapeva già prima che il Tria ne parlasse, perchè ne parlavano gli economisti che, diversamente da lui, non stanno sulla sedia rovente di un ministero che gli consigliava di non parlarne fino a quando ne avrebbe potuto fare a meno. Se tu distribuisci qualche decina di miliardi prendendoli in prestito, è chiaro che il tuo debito aumenta. Ti aspetti che con ciò aumenti il famoso denominatore, il PIL, riducendo la frazione che è il rapporto debito/PIL, ma non lo sai se succederà, forse non ci credi nemmeno tu, perchè purtroppo storicamente non è mai accaduto, a partire dalle famose esperienze in merito di Reagan, che doveva tagliare il debito, e invece lo aumentò. Qualcuno propone come soluzione la sempiterna spending review, che però non solo non riesci a fare perchè tocca interessi consolidati ma che (per me il Re è sempre stato nudo) andrà a tagliare i redditi e i consumi di chi adesso fa spendere lo Stato, poi non lo farà più, non prendendo più i relativi soldi che non potrà spendere.

Degli effetti regressivi dell’eliminazione dei cosiddetti sprechi non ne parla quasi mai nessuno, però quando perdiamo una gara perchè il vincitore fa lo sconto del 62% l’amministrazione pubblica risparmia, sì, ma chi prende il lavoro, ammesso che poi lo faccia a quelle condizioni e non pianti una grana, prende il 62% in meno dei soldi che chi aveva professionalmente preparato la gara si aspettava di spendere. Il punto in realtà non è quello degli sprechi: qui si fanno i lavori male, o non si fanno, perchè il settore pubblico non ha la liquidità, ha invece i debiti. E se proprio di sprechi dobbiamo dire, allora parliamo di diversi dipendenti pubblici, illicenziabili, anche perchè dotati di diritto di voto insieme con parenti e amici.

Ma, torniamo all’IVA: se appartieni ad un’area valutaria comune, non puoi fare quello che ti pare. Puoi urlare contro il cielo, come faceva il cantautore oggi un po’ appannato, e come fanno alcuni politici, ma urlando scaldi qualche ingenuo, non risolvi i problemi. Anzi, fai innervosire chi ha in mano i cordoni della borsa, che magari la prende perfino sul personale. Chissà che poi il suo amico, che hai temerariamente insultato in vari modi, in cambio mandi un altro suo amico a prenderti i pozzi di petrolio. Allora hai un bel da urlare contro il cielo. Perfino lo Stato Maggiore si innervosisce se tu lo coinvolgi nel tuo urlare. Per fortuna che il petrolio, almeno per ora, lo paghi in moneta forte, quasi in marchi, cioè in Euro. Certo c’è sempre la possibilità di uscire dall’Euro, pagare petrolio, auto, elettrodomestici, TV e telefonini in moneta debole e, grazie a tale moneta debole, tornare a fare concorrenza coi nostri prodotti a Turchia, Cina, Vietnam e compagnia cantante, sempre chè questi non chiudano i confini proclamando: prima i Vietnamiti! L’hanno già fatto, sono gente tosta.

Dunque, se ci sono da rispettare le regole comuni che l’Italia a suo tempo ha scelto, riuscendo così a (quasi) stabilizzare il debito, diminuire il peso degli interessi (però casualmente aumentato di un punto percentuale da circa un anno), evitare una spaventosa crisi finanziaria grazie al governo Monti, queste regole le devi rispettare.

Perciò, siccome la coperta l’hai tirata da una parte, dando un po’ di soldi a circa un milione di elettori, ciascuno dei quali ha anche lui parenti ed amici che votano, adesso rischi di scoprirti i piedi, cioè l’IVA. Bella scoperta.

Ho trovato interessante un recente sondaggio promosso dalla RAI, TV pubblica da noi pagata tramite il canone, che, avendo chiesto cosa ne pensassero gli italiani della flat tax per tutti, rivelava il 50% degli interpellati ha risposto che sì, trovava giusto che le tasse fossero uguali per tutti. Cioè che i poveri pagassero proprio quanto i ricchi. Il sondaggio non specificava peraltro se questa flat tax uguale per tutti fosse il 15% o il 40%. Ora comincio a sospettare perchè la prospettiva dell’aumento dell’IVA, che paga uguale tanto l’immigrato quanto Briatore, non è poi così inaccettabile per qualcuno là in alto. E ove proprio non ce la si facesse, si  cercherà di continuare a non fare gli scontrini.

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