Presidente Ance Buia: “Subappalti: no a tetti variabili per le PA”

Gli Effetti dello Sblocca-cantieri

Gli effetti dello sblocca-cantieri, nome mutuato dal sito che come ANCE abbiamo messo un anno fa al servizio della società civile per segnalare le opere incagliate sul nostro territorio, sono oggetto tutti i giorni di ampi dibattiti per capire se queste norme riusciranno veramente a sbloccare il Paese.

Come ANCE, riteniamo che questo ambizioso obiettivo possa essere raggiunto solo facendo scelte coraggiose. A partire dal subappalto. Assistiamo da tempo a diverse prese di posizione sul tema, tutte rispettabilissime, ma che non lo affrontano per quello che effettivamente è: una metodologia di organizzazione dei vari fattori della produzione. Partire da un condizionamento ideologico o vedere il subappalto in un’ottica puramente patologica/giudiziaria (come cioè una sorta di porta di ingresso del malaffare nel settore degli appalti pubblici) non consente né di combattere l’illegalità né di far lavorare le nostre imprese al pari dei loro competitors europei.

Per garantire un corretto svolgimento dei lavori è necessario che in cantiere entrino solo imprese qualificate e regolari. Nel caso del subappalto questo si traduce nel fatto che l’impresa subappaltatrice può assumere lavori solo per importi e categorie per le quali è abilitata ad eseguire la singola lavorazione. Quanto alla regolarità, l’impresa subappaltatrice potrà essere autorizzata ad entrare in cantiere solo se avrà documentato, e la stazione appaltante verificato la validità dei propri adempimenti, in primis le verifiche antimafia che poggiano sul ruolo indispensabile e insostituibile delle prefetture, in materia di regolarità contributiva e lavorativa.

Da anni sono previste e standardizzate tutte le procedure autorizzative, il che vuol dire che eventuali anomalie dipendono solo dai mancati controlli della mano pubblica. La soluzione, allora, come ha recentemente ribadito anche l’Europa, non è imporre un modello organizzativo rigido dei fattori della produzione alle imprese, ma è fare bene i controlli.

Come è possibile, allora affidarsi esclusivamente a una cabina di numeri che sembrano tirati a caso sulla pelle delle imprese (30, 40, 50?), con le difficoltà che ne derivano nell’organizzare il processo produttivo, per individuare quali appalti sono a rischio infiltrazione? Come se la criminalità organizzata si potesse annidare solo in quel 10 e 20% in più.

La procedura di infrazione avviata dall’Unione Europea contro l’Italia il 24 Gennaio di quest’anno, proprio per i limiti arbitrariamente imposti dal legislatore sui lavori in subappalto, la dice lunga. Né appare accettabile che l’utilizzo del subappalto sia rimesso ad una scelta discrezionale di ogni singola stazione appaltante da effettuare gara per gara.

Come ANCE chiediamo, sul tema specifico, maggiori poteri in capo alle stazioni appaltanti, ma che non si esauriscano in mere verifiche formali bensì possano garantire l’effettività, la verificabilità e l’efficacia dei controlli. Né siamo favorevoli alla possibilità che il subappalto sia completamente livero perché questo significherebbe una destrutturazione del settore.

E altrettanto inaccettabile, poi l’individuazione di un numero esorbitante di categorie di lavorazioni reputate super-specialistiche. Un conto è eliminare il ricorso al subappalto per alcune lavorazioni caratterizzate da connotati di specialità, altro è estenderne a dismisura il numero con riflessi negativi sulla concorrenza.

Già da questa breve disamina si può facilmente comprendere che il subappalto più che soffrire di carenza di regolamentazione è invece affetto dal male italico di frammentazione normativa, peraltro in continuo mutamento, che rende impossibile la vita agli operatori e alle stazioni appaltanti che dovrebbero garantirne il corretto funzionamento.

Un paese adulto e maturo di questo dovrebbe discutere senza contrapposizioni e scontri ideologici che nulla hanno a che fare con i veri e problemi da risolvere. Il nostro auspicio è che nel Governo e nel Parlamento prevalga il buon senso e che finalmente si torni a legiferare non contro qualcuno, ma nell’interesse di tutti.

Sole 24 Ore, mercoledì 29 Maggio 2019.

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