Un clima freddo per le imprese. Intervento del Presidente GIA Ing. Giuseppe Iotti

31 gennaio 2019

Siamo al freddo, nei giorni della merla, non solo come persone, ma anche come imprese, ma non perché abbiamo mancato di accendere il riscaldamento.

Dato che il PIL non gira, notizia di questi giorni si pensa di ridurre gli orari di apertura dei negozi durante i giorni festivi. I dipendenti degli esercizi commerciali forse avranno così una vita meno stressante, ma, lavorando meno, si suppone che guadagneranno meno, ed a loro volta spenderanno meno.

Dato che il PIL non gira, si blocca la costruzione di infrastrutture già decise, anche con accordi internazionali. Ci si mette così, oltre tutto, in condizione di pagare delle multe, presentate come ingiuste, come se questo fosse un trofeo. Le pagheremo noi contribuenti, dov’è il problema? Intanto la maggior parte delle grandi imprese di costruzione sono in difficoltà, diverse in concordato, e si stanno perdendo posti di lavoro.

Dato che il PIL non gira, si continua a sparare sulle banche, che per far girare il PIL un po’ della propria parte l’hanno fatta, con le imprese e coi privati (qualche volta anche troppo), ma ora sono tornate a restringere il credito. Se pure i tassi restano bassi, se ne giovano, come si suole dire, quelli che ne han meno bisogno. Carige in sostanza è fallita, e forse un’altra grande banca la salverebbe, però non volendo pagare per gli errori degli altri. Il governo fieramente si oppone ad un intervento a costo zero. L’avrà lui, la soluzione, ci metterà lui i soldi, che poi, dato che lo Stato è a debito, vorrà dire che ce li mettiamo noi? Le banche oltre tutto prepensionano, riducendo al netto il personale, e le prepensioni indovina chi le paga?

Siccome la società Autostrade, secondo il governo, che ha già fatto il processo in piazza, ha fatto cadere per sue mancanze un viadotto con tanti morti, allora la indaghiamo per altri controlli presuntamente fatti male. Può essere. Ma la rete dell’Anas chi la controlla? L’Anas ha investito tanti soldi in sicurezza nella sua rete che ce n’è meno bisogno? Intanto la Cesena-Orte, le cui condizioni in pochi si azzardano a verificare percorrendola, è stata chiusa in un punto. Di ponti poi, qui a Parma, non c’è bisogno di parlare.

E l’Alitalia ce la vogliamo dimenticare? Come facciamo non dico a chiudere, ma a vendere a qualcuno la compagnia di bandiera, che senza di lei non solo non voliamo noi, ma nemmeno i turisti stranieri? Fare nel 2019 dello statalismo sarebbe folle, se ancor prima non fosse impossibile, non essendoci i soldi. Ieri il presidente del consiglio ha dovuto smentire che due società a partecipazione pubblica ma quotate in Borsa venissero fuse d’imperio. Voi ve ne immaginate, fino a prima del maggio scorso, la sola ipotesi?

Nel mio messaggio di ottobre, temerariamente, affermavo che il governo aveva rivisto la sua impostazione negativa sul sostegno fiscale all’innovazione. Sono stato ottimista: un sostegno c’è ancora, ma è stato di molto ridotto. E così diminuiscono gli investimenti nel futuro, e con essi i posti di lavoro.

La ragione della prevista staticità se non diminuzione nella manovra economica del 2019 degli investimenti pubblici, o di agevolazioni ai privati, è dichiarata: stante le limitazioni dovute alla nostra appartenenza alla UE e soprattutto all’Eurozona, si sono privilegiate le promesse elettorali in merito a quota 100 ed al reddito di cittadinanza. C’era poi un’altra promessa, la diminuzione del carico fiscale, tra cui la famosa flat tax, che però a causa dei vincoli finanziari non sembra realizzarsi come sperato. Il Sole24Ore ha pubblicato uno studio che anzi stima che il carico complessivo nel Paese nel frattempo sia cresciuto. Ditemi magari il vostro caso.

Intanto quella che si comincia a vedere nelle statistiche è una recessione; è presto per attribuirla a questi ed altri che riteniamo errori del governo, mentre di sicuro c’è una componente di mercato internazionale, probabilmente dovuta ad errori di altri (si pensi alla Brexit). Altri che, come alcuni per gli italiani, hanno detto: “Prima gli inglesi”, “Prima gli americani”. Se si fa una competizione, il primo posto gli USA se lo giocano con la Cina, il podio la Germania e il Giappone, il Regno Unito perde la partita con l’Islanda, e noi rischiamo di finire nel girone del Nordafrica e Balcani, la Quarta Sponda. Credo che per noi sarebbe bene tornare ad una visione cooperativa e multilaterale, coi piedi ben saldi in Europa, invece che litigare, per esempio, con la Francia. A proposito: il caso Parmalat/Lactalis. Abbiamo letto di recente in proposito un parlamentare emiliano, che afferma deciso che il potente Stato italiano a Collecchio impedirà questo e farà quello. Siamo tutti curiosi, dopo, per esempio, il caso Ilva. Ma, non per fortuna ma per meriti propri, Parma non è Taranto.

Non vado oltre, da imprenditore voglio essere positivo: si parla in questi giorni del fatto che, in caso di assunzione di un disoccupato, una parte del suo reddito di cittadinanza verrà trasformato in agevolazione per l’impresa. Vediamo, siamo convinti che prima o poi sarà primavera, e ci lavoriamo su.

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