Intervento del Presidente del Gruppo Imprese Giuseppe Iotti sulla situazione economica generale attuale

01 luglio 2020

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E’ ancora presto per fare il punto della situazione delle imprese in questa fase di uscita dall’emergenza covid19, tuttavia si possono fare alcune considerazioni.

La nuova dirigenza di Confindustria, confederazione cui anche noi aderiamo, si sta ponendo in modo più dialettico e deciso rispetto alla politica ed all’amministrazione pubblica. Lo riteniamo positivo, perchè in questo momento è utile al Paese.

Voci autorevoli confermano l’impressione che questo governo, come del resto il precedente, abbia nella sua parte maggioritaria (in senso numerico) un atteggiamento quanto meno ondivago nei confronti delle imprese private. Questo aggettivo è forse un eufemismo, perchè le dichiarazioni ai giornali di alcuni esponenti politici, come Orlando del PD (e si potrebbero citare molti del movimento 5 stelle, il cui passato parla chiaro, nonostante recenti “conversioni”), sono spesso orientate alla diffidenza o anche peggio rispetto a noi imprese, nemmeno fossimo tutti ladri o parassiti. Brutte anche certe affermazioni del presidente dell’INPS Tridico, organico ai 5stelle (era designato a fare il ministro del lavoro), il quale prima fa osservazioni surreali su un presunto uso improprio della cassa integrazione (se conosce specifici abusi, li denunci), e poi, nel maldestro tentativo di correggersi, afferma che in fondo le imprese la cassa l’hanno dovuta solo anticipare ai dipendenti, perchè poi i soldi arriveranno. Acqua fresca, no?

Ma, al di là di questa o quella uscita dal seminato, c’è il rischio che l’azione del governo si risolva soprattutto nel garantire un reddito a chi si presume ne abbia perso durante il periodo di chiusura delle attività, o per le sue conseguenze che purtroppo tocchiamo con mano oggi, e preoccupano per il futuro.

Non che queste azioni in molti caso non siano necessarie; tra l’altro se i consumatori perdono potere di acquisto, i commercianti ed una parte degli imprenditori perdono fatturato.

Osserviamo però anzitutto che molti beni e servizi fruiti da consumatori italiani provengono dall’estero (nel caso di servizi internet tra l’altro pagando poche o nessuna tassa in Italia), la via d’uscita dalla crisi in cui siamo entrati è rappresentata da investimenti produttivi nelle imprese italiane, che daranno lavoro e redditi veri alle famiglie. L’attenzione deve venire la popolazione attiva, che in Italia rappresenta purtroppo la percentuale minore rispetto agli altri paesi avanzati, il cui compito è anche di “trascinare” il resto della società che, per questa o quella ragione è inattivo.

Bisogna dare atto al governo che in parte questo sforzo stia ora venendo fatto, vuoi per convinzione, vuoi per riconosciuta necessità. Occorre però crederci davvero e fare di più. Se debito si deve fare, che sia soprattutto per investimenti, e non solo nei servizi sanitari.

Un’altra considerazione critica è sul fatto che, in una condizione già di forte indebitamento dello Stato, non è indifferente che gli investimenti vadano al settore privato o a quello pubblico. Il mito del ritorno della presenza diretta dello Stato in economia è sconcertante, per chi ha vissuto gli anni della colonizzazione delle imprese pubbliche da parte del personale di scarto dei partiti, con l’esito di mandarne in rovina una buona parte. Ci sono anche dei sopravvissuti, come l’Alitalia, grazie a continue trasfusioni di denaro dei contribuenti.

Quasi provocatoria è la considerazione che si può sì discutere di come abbiano operato le società dei Benetton nel settore autostradale, ma è temerario pensare che la pubblica ANAS avrebbe fatto meglio, guardando a come sta operando sulla propria rete stradale, inclusi i ponti. Il presidente del consiglio Conte era il primo (secondi venivano i due vicepresidenti) a dichiarare a caldo a Genova che non c’erano i tempi per la giustizia civile per i responsabili del crollo, che quindi andavano processati in piazza. Allora del resto Conte era l’avvocato del popolo. Risultato di queste follie verbali è che in realtà le parti si metteranno d’accordo, o altrimenti, anche con un ricorso alla giustizia europea, i Benetton usciranno dal settore autostradale con un sacco di soldi, magari dicendo pure grazie, considerando il calo di traffico causa pandemia. Altro risultato lì da vedere è che i controllori pubblici, e quelli privati connessi, a questo punto si lavano le mani, e dove c’è minimo pericolo chiudono le strade. Dopo di che giustamente la regione Liguria protesta, però dovrebbe riflettere su quello che hanno dichiarato anche i suoi governanti a caldo dopo la tragedia di Genova, avrebbero potuto sin d’allora prevedere le conseguenze delle loro improvvide affermazioni.

Le imprese devono essere buone imprese, ma anche la politica buona politica. Le imprese sono buone essenzialmente quando li sono i loro proprietari e dirigenti, che poi motivano il personale a lavorare bene. Per la politica vale lo stesso. Nell’uno e nell’altro caso i dilettanti allo sbaraglio non fanno uscire dalle crisi, anzi le aggravano.

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