Coronavirus e assenza dal lavoro – Quando si può e quando no

05 marzo 2020

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L’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha incrementato le occasioni in cui le attività lavorative possono essere condizionate da interventi delle autorità pubbliche e pertanto di seguito si forniscono le principali indicazioni circa le situazioni tipo nelle quali potrebbero trovarsi azienda e lavoratori.

A CASA PER ORDINANZA

Per le assenze dal lavoro in seguito a ordini delle autorità pubbliche che impediscano ai lavoratori di uscire di casa, c’è l’impossibilità di andare al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, che resterà, dunque, a casa, ma con la retribuzione pagata. L’assenza del lavoratore in questi casi è necessaria. Si precisa che questo uno dei casi per i quali sarà possibile accedere a forme di ammortizzatori sociali ordinari o in deroga non ancora compiutamente accessibili e dei quali sarà data tempestiva notizia.
Un’alternativa può essere lo smart working regolato dalla legge 81/2017: il lavoratore subordinato può svolgere la sua prestazione da casa, senza recarsi sul luogo di lavoro. Data la situazione di emergenza, la normativa ha previsto la possibilità di adottare lo smart working in via “automatica”, senza il preventivo accordo scritto fra le parti.
Smart Working
Per le attività esternalizzabili, l’azienda può, in tutto il territorio nazionale (D.P.C.M. 1° marzo 2020), attivare automaticamente la modalità di lavoro agile (c.d. smart-working – Articoli da 18 a 23 della legge n. 81 del 22 maggio 2017) ai propri dipendenti, anche in assenza di un accordo individuale. In questi casi, l’accordo individuale è sostituito da un’autocertificazione che il lavoro agile si riferisce ad un soggetto appartenente a una delle aree a rischio.
Nella procedura telematica (obbligatoria attraverso il sito www.cliclavoro.gov.it) devono essere fornite le seguenti informazioni:

1. Data sottoscrizione – coincidente alla data di inizio del periodo in smart-working;

2. File accordo: un file PDF/A contenente una autodichiarazione dell’azienda nella quale sia presente un riferimento al DPCM citato e le informazioni anagrafiche (tra le quali il codice fiscale) del lavoratore coinvolto nella comunicazione;

3. Tutte le altre informazioni: si applicano le regole ordinarie;

4. Gli obblighi informativi, previsti dall’articolo 22, comma 1, della legge n. 81 del 22 maggio 2017, sono assolti, in via telematica, anche utilizzando il presente modello.

LA SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ AZIENDALE GIUSTIFICA L’ASSENZA

Tra le misure di contrasto alla diffusione del virus ci sono anche quelle per vietare l’accesso in un determinato comune o area geografica, e la sospensione delle attività lavorative per le imprese e/o la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti nel comune o nell’area interessata, anche se queste si svolgono fuori da quest’area. In questi casi resta il diritto alla retribuzione del lavoratore, anche senza lo svolgimento della prestazione. Anche in questo caso, l’azienda può avere l’accesso alla Cassa Integrazione, nelle forme già consentite o in quelle preannunciate, ma non ancora accessibili.

LA QUARANTENA OBBLIGATORIA È COME L’ASSENZA PER MALATTIA

L’assenza per quarantena stabilita dai presìdi sanitari riguarda i lavoratori messi sotto osservazione perché hanno sintomi riconducibili al Coronavirus. Questa ipotesi può comportare l’assenza da parte del lavoratore interessato. In questo caso il Ccnl applicato stabilisce le modalità di gestione dell’evento che, comunque, è assimilabile a tutti i casi di ricovero per altre patologie o interventi. Il lavoratore si considera sottoposto a trattamento sanitario e quindi la sua assenza dovrà essere disciplinata secondo le previsioni che riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.

CHI SI METTE IN QUARANTENA PROVENENDO DA ZONE A RISCHIO È GIUSTIFICATO

L’assenza per quarantena volontaria di persone che scelgono autonomamente di isolarsi pur non avendo sintomi palesi di contagio è ammessa. Tra le misure di contenimento previste dal governo c’è anzi l’obbligo da parte di coloro che sono arrivati in Italia da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall’Oms, di comunicare questa circostanza al Dipartimento di prevenzione dell’Asl competente per territorio, che lo comunica a sua volta all’autorità sanitaria competente per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva. La decisione di adottare, nelle more della decisione dell’autorità pubblica, una quarantena “volontaria” (anche per aver avuto contatti con soggetti a rischio), nei limiti dell’attesa della decisione sulla misura da adottare da parte dell’autorità pubblica, può rappresentare comunque un comportamento di oggettiva prudenza, rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza, e disciplinato come per le astensioni dalla prestazione lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo. In questi casi si ritiene che il lavoratore debba essere considerato in ferie/permesso, in attesa del responso dell’azienda sanitaria. Qualora il responso sia positivo, l’assenza dovrà essere rimodulata in malattia.

L’ASSENTE PER PAURA DI CONTAGIO È INGIUSTIFICATO

L’assenza volontaria da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno dell’epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro, pur non sussistendo provvedimenti di Pubbliche Autorità che impediscano la libera circolazione non è giustificata. Un’assenza determinata dal semplice “timore” di essere contagiati, senza che ricorra alcuno dei requisiti riconducibili alle fattispecie previste, non consente dunque di riconoscere la giustificazione della decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione. In tal caso si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari che possono portare anche al licenziamento.

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