Considerazioni del Presidente Iotti sul tema della pandemia

28 ottobre 2020

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Purtroppo i numeri della pandemia, come forse era prevedibile, o più di quanto previsto, stanno costringendo il nostro Paese a rifare i propri conti. I provvedimenti presi sinora dal governo danno l’impressione di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, rischiando di non ottenere nè una significativa regressione della pandemia, nè una ripresa dell’economia. Va detto che non è che gli altri governi occidentali, considerando i risultati, stiano facendo meglio. Se c’è una differenza tra le politiche di alcuni di essi e del nostro è che là ci sono state più azioni territorialmente delimitate, mentre qui di fatto solo regioni
autonome come la Provincia di Bolzano hanno potuto diversificare in qualcosa le politiche. Del resto, c’è il problema che, se in Lombardia o a Milano chiudono tutto o quasi, ciò non ha senso se continuiamo a comunicare con loro, quindi si dovrebbero ripristinare duri confini regionali, il che sarebbe davvero pesante dal punto di vista socioeconomico, e comunque di difficile gestione. Del resto dove sta funzionando? E come? In Cina, al primo positivo in una città, la chiudono, fanno il test a tutti, e i positivi, sintomatici o no, li mandano per due settimane chiusi a chiave in casette/container. Se vuoi prendere la metropolitana devi passare il cellulare con un Q-code che ti fa entrare solo se hai un tampone negativo recente. Mi sembra che la nostra società non possa sopportare questi metodi, al di là che non ne abbiamo i mezzi tecnici, messi a punto là perchè era già passata la Sars, e soprattutto perchè l’occhiuto controllo sociale da parte di regimi non democratici era già ben sperimentato.

D’altra parte credo, senza pretendere di avere ragione, che con un colpo al cerchio ed uno alla botte non risolviamo i problemi economici del Paese, perchè l’effetto è quello di tirare alla lunga la pandemia, e le sue conseguenze, nessuno sa per quanto, con non solo molti morti, e basterebbe questo, ma con una società che andrà avanti, si fa per dire, con mille e mille saltelli. Una classe in didattica a distanza perchè alcuni ragazzi di sono resi positivi coi comportamenti irresponsabili che abbiamo visto e continuiamo a vedere tutti i giorni, o chissà perchè, significa i suoi professori in isolamento, qualcuno positivo, che manda in isolamento la sua famiglia, dove la moglie non può lavorare fino a che non siamo sicuri che sia negativa, ma se è positiva manda in isolamento i colleghi e così via, e la sua azienda si deve barcamenare tra personale sul posto e altro a distanza, eccetera. L’ipotesi di risolvere questa situazione, che è già in atto, col tracciamento, più o meno tecnologico, forse avrebbe funzionato coi piccoli numeri estivi, ma è proprio perchè non ha funzionato (non so se serva ora domandarsene le ragioni) siamo a questo punto, dove non è più fattibile, a meno di usare i sistemi cinesi.

In questo quadro non si capisce bene cosa si intenda in pratica con la frase “convivere col virus”, che sembra più che altro uno slogan politico di chi è in cerca di facili consensi. Perciò la mia riflessione personale, che non vuole rappresentare una presa di posizione “politica” dell’associazione, è che sarebbe meglio, per tutti, rassegnarsi ad una gestione più severa della situazione. Anche se bisognerebbe che “severa” facesse rima con “razionale” e “competente”.
Cosa difficile considerando che la nostra attuale classe dirigente, mi riferisco al Parlamento tutto, non solo al governo, è quasi tutta oggettivamente improvvisata, al punto che lo stesso Presidente del Consiglio non ha alle spalle alcuna esperienza politica o amministrativa, e sappiamo che è lì perchè i due leader che avevano vinto le elezioni (con un voto su di loro che era più che altro un rifiuto per chi c’era prima) litigavano ed il Presidente della Repubblica aveva minacciato di indire nuove elezioni. Il ministro dell’istruzione è un’esponente di un’associazione/sindacato con sede a Palermo il cui lavoro era ed è quello di fare ricorso contro i provvedimenti del Ministero dell’Istruzione. Credo perciò, addirittura, che questa classe dirigente abbia fatto e stia facendo meglio di quanto ci si potrebbe aspettare, tuttavia vorrei conoscere qualcuno di voi che affiderebbe a uno di loro la propria azienda.

Questo per dire che, in realtà, la salvezza delle nostre aziende, delle nostre famiglie, e di tutto il Paese, è affidata al nostro senso di responsabilità, a quello singolarmente di ciascuno di noi. Qui pertanto non è questione di guardare solo al proprio orticello, perchè il tornado, se ci sarà, o meglio nella misura in cui c’è già, ci travolgerebbe tutti. Resta giusto, giustissimo, che a tutti sia consentivo di portare le proprie ragioni, specie alle imprese, e in particolare alle PMI, che tutti ammettono siano la spina dorsale del paese, però poi, prese le decisioni comuni, anche se in parte non ci piacciono, ci vuole disciplina, così come senza una certa disciplina non va avanti neppure un’azienda.

Riconosciamo le ragioni di una parte dei settori economici, commercio, ristorazione, accoglienza, cultura, spettacolo, turismo, sport, come no?
Però non funziona che i ristoranti dicano che il virus non si prende al ristorante, le palestre che non si prende in palestra, e così via, perchè ad un certo punto uno si domanda dove mai allora si prenda il virus. E’ giusto che queste categorie chiedano aiuto allo Stato, ma con ragionevolezza, perchè alla fine lo Stato siamo noi, i debiti che così stiamo accumulando diventano titoli di Stato che al momento si sta comprando in massa la Banca Centrale Europea, ma prima o poi li dovremo restituire (magari i nostri figli). E allora, va bene la solidarietà, ma il bar che sono decenni che è sempre stato pieno, nei suoi attuali bisogni, non va confuso col disoccupato a cui non è rimasto niente.

In questa logica, come GIA, non siamo intenzionati a scendere in piazza e più in generale metterci in una condizione conflittuale con le istituzioni, pur non perdendo occasione di dire pane al pane nelle sedi competenti. Tra l’altro pensiamo che sia inevitabile che nelle giuste rivendicazioni si inseriscano altri che non c’entrano nulla, che sono alla ricerca dello scontro violento, “gilet gialli”, rossi o neri, e noi vogliamo essere sicuri di non averli ingenuamente fomentati, perchè questo sarebbe il peggio assoluto, di contestatori al potere ne abbiamo abbastanza già così.

 

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