Brexit: nuova proroga – Scadenza a Gennaio 2020

06 novembre 2019

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È stata concessa un’ulteriore proroga dall’Unione Europea al Regno Unito e stabilita fino al 31 gennaio, la terza dopo le due richieste dell’allora primo ministro inglese Theresa May e concesse dai leader europei rispettivamente il 21 marzo e il 10 aprile.

La volontà dell’attuale primo ministro Johnson di portare fuori dall’Europa il Regno Unito entro il 31 ottobre è stata superata dal cosiddetto “Benn Act” che lo ha costretto a chiedere un rinvio della Brexit, dal momento che il via libera definitivo del Parlamento inglese sull’accordo tra UE e Regno Unito non è arrivato entro il 19 ottobre.

Si tratta anche in questo caso, come già avvenuto per il secondo rinvio, di una proroga definita flessibile (“flextention” in lingua originaria), che lascia la possibilità al Regno Unito di procedere all’uscita anche prima del 31 gennaio. In base alla data di sottoscrizione del “deal” di uscita, il termine di riferimento diventerebbe così il primo giorno del mese successivo alla ratifica da parte di Londra e Bruxelles; in altri termini si consente al Regno Unito di uscire dall’Ue il 1° dicembre, il 1° gennaio o il 1° febbraio a seconda che la firma avvenga a novembre, a dicembre o a gennaio.

La decisione dei 27, così definiti i capi di stato e governo dei paesi dell’Unione Europea dopo la Brexit, di concedere un’ulteriore proroga non è stata facile da raggiungere, in particolar modo l’intesa veniva a mancare in relazione alla durata del rinvio. Sul punto si sottolineano le contrarietà francesi superate solamente dal lavoro congiunto degli altri Stati Membri e dalla ferma intenzione del premier Johnson di ottenere le elezioni anticipate prima del 12 dicembre.

E proprio per quanto attiene a quest’ultimo proposito, la situazione si è sbloccata il 29 ottobre, quando si è deliberato il via libera dalla Camera dei Comuni alla legge presentata dal governo di Boris Johnson per l’anticipo elettorale. Svolta questa, resa possibile dalla decisione dell’opposizione labourista di accettare il voto anticipato, contrariamente a quanto accadeva nei tre tentativi precedenti perpetrati dal governo Tory; l’opposizione forte del malcontento generale scaturito dall’incertezza e dalle promesse infrante dell’attuale Premier inglese, che aveva più volte annunciato di attuare la Brexit entro il 31 ottobre, punta ad ottenere un più largo consenso rispetto al referendum del 2016 e, se così dovesse avvenire, puntare ad annullare del tutto la Brexit.

In effetti, prescindendo da logiche politiche ed analizzando i dati economi forniti da società internazionali esperte in relazioni economiche, si è potuto assistere ad un forte calo del flusso di investimenti e di persone dalla UE al Regno Unito. D’altra parte il timore delle aziende di dover affrontare le problematiche dovute ad un innalzamento delle barriere doganali e tariffarie nonché le incerte aspettative sullo status di residenza dei lavoratori provenienti dall’UE, potrebbero comportare problematiche a livello più ampio influenzando buona parte dell’economia britannica.

Nel frattempo si è precisato che in attesa dell’effettiva uscita, il Regno Unito continuerà ad essere Stato Membro e dovrà quindi nominare un proprio rappresentante nella Commissione a discapito di quanto già era stato affermato in passato da Johnson che aveva respinto fermamente tale ipotesi.

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