Dazi e Pmi: trasformare la sfida in opportunità

15 Ottobre 2025

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Non un allarme, ma un invito a ripensare la struttura produttiva e strategica del nostro sistema imprenditoriale. È questo, in sintesi, il messaggio emerso dal convegno «Export e Pmi: opportunità da cogliere, difficoltà da superare», promosso dal Gruppo Imprese Artigiane (GIA) con il contributo di Bnl Bnp Paribas e il patrocinio della Provincia di Parma, che si è svolto ieri nella Sala Convegni della Provincia.
A moderare l’incontro è stato Alberto Calugi, consulente GIA per il mercato estero.

Un tema “mutevole”, da affrontare con visione

Ad aprire i lavori, il presidente del GIA Giuseppe Iotti, che ha definito quello dei dazi «un tema mutevole, specchio di un contesto politico ed economico in continua trasformazione».
«Abbiamo pensato a un’iniziativa di ampio respiro – ha spiegato – per offrire agli imprenditori una visione complessiva di ciò che sta accadendo e strumenti concreti per muoversi in uno scenario che cambia quotidianamente».

Sulla stessa linea, il presidente della Provincia Alessandro Fadda, che ha richiamato l’importanza di «fare rete, scambiarsi informazioni e strategie: un approccio che diventa vitale in momenti in cui programmare è difficile, ma cooperare può fare la differenza».
Per il direttore territoriale Centro Nord di Bnl Bnp Paribas, Roberto Pondrelli, «il dialogo con il territorio è essenziale: serve per capire di quali strumenti le imprese hanno davvero bisogno e come il sistema bancario possa sostenerle nel passaggio da una logica difensiva a una di rilancio».

Dazi americani e nuovi equilibri globali

Nel vivo del dibattito è entrato Gregory Alegi, analista ed esperto di geopolitica industriale, ricordando come «gli Stati Uniti, dopo decenni di deindustrializzazione, siano entrati in una fase di reindustrializzazione, spinta soprattutto dal partito repubblicano, che vede nei dazi uno strumento per riportare la manifattura in patria».
Un processo, tuttavia, tutt’altro che semplice: «mancano filiere, scuole tecniche e una cultura del lavoro manifatturiero. C’è da dire, però, che anche qualora cambiasse l’amministrazione nei prossimi anni, una volta introdotti i dazi difficilmente verranno rimossi: generano entrate che sarà complicato rinunciare a perdere. Le imprese italiane, dunque, non devono cercare scorciatoie temporanee, ma soluzioni strutturali».

Dalla congiuntura alla struttura: la lezione di Ambrosetti

A mettere in prospettiva i numeri è stato Stefano Ambrosetti, Senior Economist – Institutional Affairs and Research, BNL BNP Paribas, specialista di macroeconomia e commercio estero, che ha invitato a «guardare oltre l’emergenza».
«Dopo 35 anni di crescita continua: stiamo assistendo a una parziale deglobalizzazione, un processo ormai strutturale che riflette l’evoluzione degli equilibri economici globali, e i dazi ne sono solo una manifestazione. Occorre però evitare allarmismi: gli Stati Uniti rappresentano circa il 10% dell’export italiano, inoltre uno studio e fatti rilevano che più alta è la qualità dei prodotti più difficile ne è la sostituzione. La buona notizia è che il 92% dei prodotti che esportiamo è di alta o medio-alta qualità e mitiga gli effetti delle misure protezionistiche».

Inoltre: sono oltre 4 milioni le imprese italiane, ma solo 128mila esportano regolarmente. Tra queste, altra nota da sottolineare, la maggior parte ha già una diversificazione di mercati o di prodotti che attenua l’impatto dei dazi.

I dati, del resto, non raccontano un disastro: «nei primi otto mesi del 2025 – ha ricordato Ambrosetti – l’export italiano, tra picchi e cadute, è comunque cresciuto dell’8% medio: segno di una tenuta che altri Paesi europei non hanno registrato».

«Di questo momento quindi, ciò che c’è davvero da cogliere, con lungimiranza, è l’invito che si cela dietro la sfida: questa fase può essere una spinta positiva. Le imprese possono diversificare i mercati, guardando a nuovi Paesi – dal Vietnam al Messico, al Venezuela – o incrementando le quote in Paesi già in crescita. Allo stesso tempo, è importante valorizzare i mercati interni, sia europei (come l’Est) sia nazionali, a cominciare dal Sud Italia, creando investimenti, occupazione e ricchezza.

Essendo il nostro tessuto imprenditoriale costituito principalmente da piccole e medie imprese, una strategia efficace può essere fare rete. In questo modo le aziende possono accedere a strumenti e finanziamenti ad hoc per approcciare nuovi mercati con maggiore sicurezza e incisività».

Le imprese italiane tra resilienza e trasformazione

Sempre per Ambrosetti, «Ripensare la strategia delle piccole e medie imprese in un mercato in continua oscillazione significa innanzitutto rafforzarne la resilienza e ridurne la vulnerabilità.
Questo passa da una revisione profonda delle catene di approvvigionamento: le filiere troppo lunghe, in un contesto instabile, non sono più funzionali. Occorre dunque accorciare le filiere, privilegiare partner affidabili e di prossimità, e intervenire sul costo dell’energia, che resta un fattore competitivo decisivo.
Al tempo stesso, è indispensabile investire in innovazione, digitalizzazione e transizione green: scelte che non solo migliorano l’efficienza e la sostenibilità, ma rappresentano la via più solida per garantire competitività nel lungo periodo.
Le imprese che hanno scelto la transizione green, ha ricordato Ambrosetti, «hanno registrato mediamente un +7-8% di fatturato in quattro o cinque anni: un segnale concreto che l’investimento in qualità, tecnologia e ambiente premia anche sui mercati esteri».

L’Italia dell’economia del sapere

In chiusura, Alegi ha ricordato uno dei tratti più distintivi del nostro sistema produttivo: «è fondato sull’economia del sapere, e restare e investire in questo ambito è – e sarà – la nostra forza. Gli americani si caratterizzano per la velocità decisionale, ma non dimentichiamo la rapidità di adattamento delle nostre piccole e medie imprese: è una delle chiavi per restare competitivi».

In un mondo in cui le regole del commercio cambiano di continuo, l’Italia – e con essa le sue Pmi – ha dunque la possibilità di riscrivere la propria storia: non reagendo con timore, ma con visione, creatività e coesione.

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