Il Presidente GIA Giuseppe Iotti condivide la sua opinione sull’attività dell’attuale governo

20 marzo 2019

Non si può negare che alcuni provvedimenti realizzati o proposti dal governo siano in favore delle imprese in generale, come gli sgravi dei contributi INAIL, la prosecuzione in vario modo degli sgravi fiscali in corrispondenza di investimenti nell’innovazione, la diminuzione del carico fiscale per le partite IVA con bassi ricavi (per quanto dall’altra parte questo sia un incentivo ad un certo numero di imprese a non crescere), le modifiche ad un codice degli appalti che è stato uno degli errori più gravi dei governi precedenti. Si sta anche cercando di sbloccare investimenti in opere pubbliche e di consentire ai comuni virtuosi di impiegare i loro avanzi, speriamo che succeda davvero.

Non si può negare però che vi siano stati aspetti criticabili nell’operato di questo governo da parte delle imprese, in primis il c.d. decreto dignità, che rende meno fluido il mercato del lavoro quando ci sarebbe bisogno del contrario, il tentativo, finito male per fortuna, di chiudere l’Ilva, di fermare la TAP, quello che speriamo fallisca di fermare la TAV, l’ulteriore spreco di soldi pubblici in Alitalia. Che sono i soldi di tutti, a favore di qualche migliaio di lavoratori già privilegiati rispetto ai colleghi, coinvolgendo aziende ormai sane come le Ferrovie dello Stato, che sono naturali concorrenti del settore aereo e che si può immaginare come si adopereranno per il suo sviluppo. Si arriva al punto che al mondo autostradale, vituperato oltre ogni opportunità per la drammatica vicenda di Genova (mondo cui è stato impedito probabilmente in modo illegittimo di partecipare alla ricuostruzione, cosa che tra l’altro per contratto presumibilmente avrebbe fatto facendosi carico dei costi), sembra si stia chiedendo di partecipare al “salvataggio” della compagnia aerea ora che Easyjet si è sfilata dall’operazione.

Ma qui in particolare vorrei aggiungere un contributo al dibattito, che vedo presente oggi anche sulla Gazzetta di Parma, relativo al salario minimo, e successivamente su di un altro tema importante con cui chiuderò.

Il salario minimo esiste, è vero, in alcuni Paesi europei, ma questo non significa che automaticamente l’Italia se lo possa permettere, e soprattutto che le faccia bene, e faccia bene agli stessi lavoratori. Come ho già detto, in generale, il mercato del lavoro italiano è già abbastanza rigido, e più rigido degli altri mercati europei, ormai lo dovrebbero sapere tutti. La reazione delle imprese, già da molti anni, è quella di flessibilizzarlo in qualunque modo possibile. Gli imprenditori onesti si adattano al contesto legislativo, altri vengono spinti all’illegalità, e ci si è messa anche la criminalità organizzata a gestire il lavoro “interinale”, come ben sappiamo a Parma. In tal modo dei lavoratori sempre meno sono rimasti protetti e sempre di più sono diventati precari. Gli stessi investimenti in innovazione, che comunque sono buoni in sé, vengono forzati dalla possibilità che così ha l’impresa di potersi adattare al mercato senza dovere assumere e poi licenziare personale, operazione costosissima più che in qualunque altro paese nostro concorrente. Dunque, se in Italia da tempo, e soprattutto da quando siamo in area Euro, i salari non crescono, non è perchè i tedeschi o i francesi sono cattivi, ma perchè siamo balordi noi, in quanto è calata la nostra produttività. Calata perchè tutte le imprese sono state messe in difficoltà da una legislazione populistica prima che esistesse il populismo. Inoltre tante imprese non si sono dimostrate all’altezza di una sfida ineludibile, mentre per fortuna tante altre sì, ma non bastano, anche perchè il Sud non sta partecipando allo sviluppo del Paese se non in piccola parte, per responsabilità che sono ovviamente per lo più sue. Un modo che ha avuto l’Italia per restare competitiva non potendo svalutare la moneta, stampandone in quantità, è stata in un certo senso di svalutare i salari. Se in un mondo globalizzato non dai abbastanza valore aggiunto, per averlo non ti resta che abbassare i costi, che è quello che tutti i soggetti, in primis i consumatori, stanno facendo da dieci anni. In questo quadro tra l’altro è logico che il mercato interno tiri poco. Anche perchè il lavoratore è anche consumatore e come tale compra lui per primo i telefonini cinesi che nessuno da noi sa fabbricare in modo competitivo. Quando in Italia si fabbricavano telefonini del resto, primi anni ’90, ce li permettevamo in pochi. Pensiamoci su.

Premesso che effettivamente questi problemi esistono, la soluzione non è quella di ignorarli, arrivando in sostanza a pensare che, siccome il governo non può stampare soldi (ma lo potrebbe uscendo dall’Euro e in sostanza dalla UE, che bella prospettiva!), allora si pensi di poter costringere gli imprenditori a farlo (magari!). Un’altra soluzione sarebbe quella di uscire dai mercati globalizzati, di tagliare i ponti, chiudere i confini e naturalmente i porti. Poi si parla al contrario di Via della Seta, ma il sospetto è che in un clima di campagna elettorale permanente si parli a vanvera di tutto.

E, per finire, restando al parlare a vanvera, ecco che quella che oggi tra le due forze di governo è considerata dagli imprenditori la più affidabile (l’altra fino all’altro giorno si dichiarava apertamente nemica, salvo rifletterci su dopo i continui rovesci elettorali), viene fuori con un’idea surreale, mi riferisco alla territorialità del marchio, il caso Pernigotti cui avevo già fatto cenno in una comunicazione precedente. Ci torno su perchè sembra che il progetto si sia chiarito, si fa per dire. Il marchio Pernigotti in sostanza non è di chi l’ha comprato, un turco ma potrebbe essere italiano, ma di qualcuno che sia legato al “territorio”. Quale territorio? In questo caso Novi Ligure, perchè Pernigotti comunque sta producendo in italia, ma a Novara: non va bene. Se io volessi vendere il mio marchio, lo dovrebbe comprare uno che che garantisca che la maggior parte dei lavoratori restino qui, eccetera. Se fosse vero, c’è da riflettere se vale la pena continuare a produrre, se invece è solo l’ennesima trovata elettorale, non ci fa più ridere.

Chiedi informazioni e scopri tutti i vantaggi per gli associati GIA

Scopri di più

Contenuto protetto

Per poter visualizzare il contenuto è necessarrio effettuare il login.

Facebook
YouTube
LinkedIn
Instagram