Lettera ai Soci di Giuseppe Iotti, Presidente del Gruppo Imprese

02 aprile 2020

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Gentili associati,

nel persistere di questo difficile momento per tutti noi e per gran parte delle nostre aziende, ritengo utili alcune considerazioni su due questioni importanti.

La prima riguarda il tema delle attività ammesse o non ammesse in funzione del fatto che producano beni o servizi essenziali. L’impostazione del decreto, che consente le attività a seconda del loro codice Ateco, è discutibile, perché in alcuni casi esclude attività che possono sembrare importanti, ed al contrario, nell’ammettere interi codici senza entrare nel dettaglio (e del resto sarebbe difficile farlo), può consentire tra attività realmente essenziali altre che non lo sono.

Paradossalmente, sembra migliore la possibilità che il decreto dà alle aziende di comunicare attività che non sono ammesse secondo la logica del codice Ateco, ma dichiarate ugualmente essenziali per la continuità di una filiera. In questo caso, poiché si chiede all’azienda di dettagliare bene l’attività ed il cliente cui è rivolta, è più difficile che non si tratti di qualcosa di davvero essenziale. E’ una grossa incombenza per le aziende, ma, ai fini della salute pubblica, ci può stare. Ulteriore paradosso però è che, siccome in questo modo si può ritenere da parte delle autorità competenti che le maglie si siano allargate troppo, capita di vedere rifiutate delle comunicazioni ed i relativi lavori, mentre questa possibilità l’autorità non l’ha quando questi lavori siano ricompresi genericamente in un codice Ateco. Così non va troppo bene, si è affrontato il difficile argomento con una certa superficialità, a discapito dell’economia e forse in parte anche della salute pubblica. Per fare solo un esempio sappiamo che certi cantieri sono consentiti, ma è dura credere che li si possano gestire davvero in sicurezza, mentre altre attività, più o meno essenziali, le sono più facilmente.

Il secondo punto riguarda un argomento solo in apparenza non di nostra competenza. Abbiamo pubblicato tra le notizie il recente pronunciamento dell’Ordine dei Medici sulle tipologie di test che sono al momento ritenute efficaci a riconoscere se una persona sia contagiata o meno dal Covid19. Non abbiamo le conoscenze per potere entrare direttamente nel merito, e gli scienziati stessi non sembrano del tutto d’accordo tra loro. Quello che però ci interessa, come imprenditori e cittadini, è che l’equilibrio tra l’apertura delle attività a fini economici e l’isolamento delle persone a fini sanitari non venga distorto.

Ora, sta avvenendo che alcune Regioni, tra cui la nostra, avviino tipologie di test diverse dai “tradizionali” tamponi, con l’idea di farlo a largo raggio. In realtà si tratta ancora di test sperimentali, come sostiene l’Ordine, con gli stessi promotori, e oltre tutto non ve n’è di una sola tipologia. Queste scelte possono essere corrette o meno, probabilmente di per sé sono per lo più corrette, ma è importante che non vengano messe al servizio di azioni non equilibrate al fine comune, che è di non vedere più persone morire, e anche di non vederle, per così dire, morire di fame.

Qualora infatti risulti in qualche modo dai test (ammesso che li si possano fare ad una percentuale importante della popolazione) una amplissima schiera di persone asintomatiche, ma ritenute a rischio, le nostre attività si fermerebbero, forse o più che forse in modo ingiustificato.

Qualora all’opposto, e questo sembra oggi il rischio maggiore, risulti in qualche modo che in fondo in fondo il grosso della popolazione potrebbe uscire dall’isolamento, allo stato non si è sicuri che questa scelta, motivata in ultima analisi da aspetti economici che pure hanno legittimità, figurarci per noi imprenditori, non faccia sì che, oltre a permettere nuove morti forse evitabili, ritardare gli effettivi tempi di recupero dell’economia.

Non è mistero che ad Hong Kong nei giorni scorsi abbiano tentato timide aperture, noi non sappiamo su che basi, per poi tornare in sostanza, e rapidamente, sui propri passi, al risorgere di alcuni focolai. Anche in Cina, dove peraltro sappiamo solo ciò che ci vogliono dire, che è meno di quanto ci sarebbe necessario per confrontare le nostre azioni con le loro, riaperta con fragore propagandistico la regione di Hubei, nel mentre hanno in sostanza chiuso una provincia confinante, tra l’altro con scontri con la polizia che sorvegliava i bordi dei due territori. Oggi si ritiene che le attività economiche in Cina stiano avendo una significativa ripresa, però dovremmo ricordare tutti e sempre che al momento la malattia dovuta al covid19 non ha ancora cura efficace, né tanto meno un vaccino.

La Cina perciò, riaprendo, assume vantaggio economico sull’Europa e sugli Stati Uniti, ma non abbiamo idea a quale reale prezzo di vite umane, perché i dati ufficiali forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono influenzati dal suo poco trasparente governo, che da solo ne sostiene il 10% de budget. Si pensi che l’OMS non tratta i dati di Taiwan, perché la Cina ha costretto l’organizzazione a non farvi entrare questa nazione che non riconosce.

Noi, per fortuna, non siamo un Paese che possa trattare queste questioni come lo fa un regime comunista, per cui dobbiamo esercitare il massimo di responsabilità perché l’emergenza duri il meno possibile, ma abbastanza per consentirci al momento giusto, vivi, di ripartire davvero con le nostre attività.

 

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